l pane simbolo di Roma sta scomparendo dalle tavole: ecco la storia delle rosette, come si preparano e perché non sono più richieste come una volta
Leggere, fragranti e con l’interno vuoto, perfette per accogliere la mortadella o per accompagnare un piatto di pasta al sugo. Le rosette hanno fatto parte della vita quotidiana di intere generazioni di romani. Oggi, però, questo pane iconico è sempre più difficile da trovare. Nei forni se ne producono poche decine di chili al giorno, mentre un tempo erano quintali. Ma perché le rosette non si comprano più come una volta?
La nascita di un pane diventato simbolo
Prima delle rosette, a Roma si mangiava soprattutto la ciriola, panino allungato con tanta mollica. Le rosette arrivano nella Capitale negli anni Cinquanta, portando una vera rivoluzione. Il loro nome deriva dai caratteristici cinque o sei solchi a forma di fiore, che in cottura fanno “sbocciare” il pane come una rosa. Il formato conquista subito tutti: operai, studenti, famiglie. È leggero, comodo e versatile. Dalla merenda con la mortadella alla scarpetta nel sugo, la rosetta diventa la regina delle tavole romane.
Perché oggi le rosette non si vendono più
Il problema principale è la fragranza. Le rosette, grazie alla loro leggerezza, tendono a perdere freschezza molto in fretta: appena sfornate sono irresistibili, ma nel giro di poche ore diventano gommose e secche. Un tempo si andava dal fornaio ogni mattina, oggi invece le famiglie preferiscono pagnotte più grandi, a lunga conservazione, spesso integrali o con farine speciali. È cambiato anche il modo di mangiare il pane: c’è chi lo congela, chi lo affetta in anticipo e chi lo sceglie con un occhio alla salute, privilegiando crusca, lievitazioni naturali e farine meno raffinate. Le rosette, così leggere e delicate, non reggono questa nuova abitudine.
Come si preparano le rosette tradizionali
La ricetta è semplice ma richiede esperienza. Si parte da un impasto con farina 00, acqua, sale e lievito, lavorato con attenzione per ottenere la giusta spinta. Negli storici forni romani si usano ancora macchinari degli anni Settanta: una macchina taglia l’impasto in piccoli panetti esagonali e un’altra imprime i solchi tipici. Bastano circa venti minuti di forno per ottenere il risultato perfetto: un pane soffiato, leggero e con poca mollica. È proprio questa caratteristica a renderlo unico, ma anche fragile. Oggi, chi vuole provarle deve cercare nei pochi forni che le sfornano ancora, magari accanto a pizze, filoni caserecci e pagnotte moderne. Un piccolo pezzo di storia romana che resiste, nonostante il tempo e le mode.